La piazza la loggia la gru

La piazza la loggia la gru

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La storia cantata: La strage di Piazza della Loggia (28 Maggio 1974)

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La piazza, la loggia, la gru s'incrociano come in un campo di guerra frustata dal vento la pioggia s'infogna ed in rivoli va sottoterra si perde nel buio obbligato di vicoli, trame, di oscure vicende del tempo che passa, che passa, e non cura il dolore però lo sospende sospesi al vento, sul braccio di una gru ci sono sei lavoratori immigrati saliti nel vento d’autunno per trentasei metri e rimasti aggrappati a un esile filo a un pensiero, ad una speranza che brucia le ali che gli uomini in fondo al futuro, mondati dall'odio, si svelino uguali li prendono in giro i lavoratori stranieri parlano di sanatorie e poi sono storie inapplicabili tranelli legali balzelli contro i più poveri da anni venuti in Italia sfruttati, derisi fra il bisogno e la paura paura dimostrare il viso o d'incontrare una divisa che ti dica «da oggi non ci puoi più stare» e così al mattino lavori la sera ti chiudi in casa e muori di nostalgia. La pubblica via è un sofisma, c'è tutto un paese fantasma l'identità è una carta una corta illusione, una strana nazione qui Brescia, qui nord produttivo qui angoscia dal giorno che arrivo qui niente sembra più vivo la piazza è un deserto trentasei anni fa fu un luogo aperto di speranza e di dolore era un porto di resistenza ed amore (il 28 maggio 1974 c'erano in piazza lo studente e il professore perché un mondo migliore inizia da una scuola migliore). Sui banchi di Piazza Loggia cade una pioggia che macchia di scuro come l'inchiostro della sentenza che abbiamo lasciato al futuro per raccontare ai nipoti dei figli l'assurdo segreto di stato dei morti arrivati per caso nell'ora sbagliata e nel posto sbagliato otto morti sbranati dall'urlo, il furore, dai canti assassini lo scoppio, lo scolo di sangue in fretta pulito, lasciato ai tombini passati dieci anni, vent'anni, trentasei anni quel lutto s'è stinto si acceca il ricordo, e muore memoria, e il lutto è un pensiero indistinto e trentasei anni più tardi, trentasei metri sopra tutto questo sei lavoratori stranieri resistono ad ogni costo dal trenta di ottobre aggrappati a una gru stanno guardando dall'alto un mondo fantasma che in basso ha perduto la sua strada nell'asfalto Arun, Jimi, Rachid, Sajad, Singh, Papa i nomi, il sudore, le ore, i bulloni, le viti, s'inciampa, si crepa Papa, Singh, Arun, Sajad, Rachid, Jimi al dieci novembre son stanchi e due fra di loro scendon per primi ancora il freddo, il vento, la gru e il quindici undici solo gli eroi della disperazione cedono infine e scendono al suolo al quindici di novembre scendono piolo per piolo mentre otto mute presenze da Piazza Loggia stan prendendo il volo otto angeli custodi che si fanno sotto le braccia di croce della gru, nel vento che brucia la faccia nel freddo che fa lacrimare, Arun e gli altri hanno chiesto «chi siete voi che venite quassù a prendere il nostro posto?» Son Giulia Banzi Bazzoli donna, madre insegnante uscita un mattino di maggio per fare una cosa importante ho corpo d'amore ed ho voce, schiantata in un portico, rotta aspettami dissi a mio figlio... è trentasei anni che aspetta. Ed io impregnata di pioggia son Livia Bottardi Milani la pioggia che insanguina maggio, la pioggia che lava le mani di quelli che misero bombe che sperano il tempo cancelli le tombe nel mare ai migranti, ma loro rimangono quelli. Io Pinto Luigi emigrante, come voi, ma venuto da Foggia per lavorare nel Nord, col sangue mischiato alla pioggia tornai stretto dentro una bara, la schiena straziata di schegge l'Italia riunita col sangue che ancora discrimina e che non protegge. Io, Natali Euplo fui partigiano qui a Brescia di colpo mi prese l’angoscia e venni in piazza a vedere quanto la liberazione avesse lasciato in cantiere cosa restasse da fare e venni in piazza a morire con Bartolo Talenti e con Vittorio Zambarda eravamo in tanti: noi “vecchi” di Piazza Loggia vecchi per modo di dire pronti ancora a salire in alto sul posto di guardia perché chi è vecchio ricorda e guarda con la stessa angoscia che l’orizzonte rovescia il vecchio fascismo di Brescia nel nuovo razzismo leghista. Amore ci insegna un percorso che c’è dalla piazza alla gru amore che non sciolse allora che non può scioglierci più amore che libera e sfida, ditelo ai vostri scolari a nome di Alberto Trebeschi e di Clementina Calzari Finche morte non ci separi, le frasi di rito un po’ orrende noi fummo moglie e marito e il modo ancora ci offende col quale una bomba feroce dentro una piazza di maggio venne a disfarci la voce, volle spezzare il coraggio ma è amore che ancora ci porta da quella piazza alla gru coraggio pietà non è morta e resta aggrappata lassù. Il 15 novembre 2010 a Brescia i lavoratori immigrati scendevano dalla gru proprio mentre la sentenza sulla strage di Piazza Loggia poneva una pietra tombale su quelle otto vittime. Nessuno è stato, pare, dunque continua la lotta.
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Le storie e i nomi intrecciati delle vittime della strage fascista del 28 maggio del ’74 con gli immigrati saliti su una gru a Brescia nel novembre del 2010.(Alessio Lega)

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Alessio Lega, CD, Mala Testa, 2013

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