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Sesto brano del disco "Due stagioni" - 1977. Brano composto nel 1976 per lo spettacolo teatrale, in preparazione per quell'anno, in cui si intendeva indicare le strategie del Potere.
La metafora sulla burocrazia che come un labirinto allontana e confonde la gente dalla comprensione delle leggi e della loro applicazione. Ma questo brano contiene anche un altro livello di lettura che tocca un aspetto esistenziale più generale in cui la vita diventa un vagare a vuoto nel momento in cui si trascina senza una vera motivazione.
L'arpeggio molto dolce si avvita in un giro d'accordi ciclico e la voce, senza emozione, descrive il susseguirsi ed il ripetersi interminabile di immagini e luoghi consueti, tra realtà e sogno, senza un fine e senza fine... (dalle note del disco)
Testi e musica: Antonello Manzo - Gino Melchiorre
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